C’era una volta la mia Aspes 125 Juma
Una piccola grande moto da corsa con luci e targa. Nasceva intorno a un motore monocilindrico già usato nel Motocross, ed è stata la capostipite delle 125 supersportive. Oggi è una rara e apprezzata moto storica
1980. 16 anni appena compiuti. Il panorama delle 125 verteva prevalentemente sulla Vespa PX. Dal punto di vista motociclistico c’erano la Gilera, che sapeva un po’ di vecchio, e l’Honda 125, carina, ma deboluccia di cavalli. Sembravano più pepate la Benelli bicilindrica 2T, anche lei però vecchiotta e un po’ spompata, e la Malanca bicilindrica, che mi convinceva poco con quei suoi scarichi silenziosi e sfumacchianti, non ad espansione.
Poi c’era una moto che correva in pista con successo. Ci si faceva un trofeo monomarca, e aveva già lanciato piloti poi diventati vincenti pure con le gran premio.
Si chiamava Aspes Juma, ed era un 125 monocilindrico, con un motore derivato dalle competizioni di Motocross ed Enduro. Un motore dall’apparenza ruvida, con quella sua testata squadrata dalle grandi alette.

Era la moto dei miei sogni. Una vera moto da corsa. Andavo a vederla dal concessionario di Roma. E ci sognavo sopra.
Un giorno riuscii a trascinarci mio padre, motociclista pure lui. Avevo iniziato a lavorarlo ai fianchi da tempo, ma pensavo ci sarebbe voluto di più per estorcere il regalo. Invece disse OK al concessionario all’improvviso, per 1milione e 700mila lire.
2 giorni per fare le pratiche, e mi presento per il ritiro. Ricordo ancora il suo rumore. Corposo, e con una vibrazione robusta. Ricordo l’uscita dal negozio e i primi metri, cercando di capire l’anima di quell’oggetto sconosciuto, che tanto avevo voluto e che oggi era tutto da scoprire.
Ai bassi regimi il motore rattava, era rauco, produceva un suono scoppiettante che sembrava zoppo. Io poi ero ligio alle regole del rodaggio, e all’inizio ero tanto affascinato. Non vedevo l’ora di capire se veramente quella moto andava quanto prometteva.
Passavano i chilometri e portavo il motore sempre più vicino all’entrata in coppia. Accarezzavo con il contagiri il cambio di rumore, ma non trovavo il coraggio di violare la regola del rodaggio. Finché un giorno mi arrivò il fatidico “calcio in culo”. La botta. Dallo scoppiettio sgraziato a un improvviso urlo acuto che reclamava la marcia successiva.
Fa sorridere oggi, pensando che aveva (dichiarati) 19 cavalli, contro i 12-14 delle altre 125 dell’epoca. Pesava poco, 94 kg. E aveva una velocità massima dichiarata di 140 km/h.




Diventai un tutt’uno con lei, ma avevo meno spazio per la sperimentazione rispetto al motorino. Lei andava forte di suo. Così, a parte regolare l’altezza delle leve, l’unica cosa su cui mi concentrai furono le gomme. Dapprima Dunlop K81, poi le Michelin PZ2, quelle da pista con la sigletta celeste sulla spalla.
Ci andavo a scuola tutti i giorni. Ci andavo ad allenarmi il pomeriggio. Ci portavo la ragazza, grazie a delle pedane da passeggero costruite con mio padre e montate sul forcellone. Ci facevo anche uscite più lunghe, su strade con le curve.
Con quella moto ho imparato a guidare. E mi sono anche gettato nella mischia con gruppi di motociclisti veri incontrati per strada. Ovviamente ho sempre ingenuamente pensato di averla vinta io, mentre probabilmente quelli mi guardavano con tenerezza. Fatti i 18 anni l’ho portata in pista, mettendola in macchina dallo sportello laterale, dopo aver smontato i sedili.
Quante avventure. Quante follie. Ricordo un viaggio a Misano, per andare a vedere il Campionato Italiano Velocità. Da solo, con la tuta di pelle, e un caldo soffocante. Il rumore forte nel casco Diws – lo stesso che si vede nella foto del Trofeo Monomarca -, l’odore di miscela ai frequenti rifornimenti. Mi portavo l’olio racing, ne mettevo una dose misurata nel serbatoio, e dicevo al benzinaio l’esatta quantità di benzina da mettere. Ero entusiasta, ma obiettivamente stanco. Non era una moto per lunghe percorrenze.
Ricordo anche “il salto”, un incrocio al culmine di una salita. Si scollinava attraversando il semaforo, quindi si imboccava la discesa. Di notte, gli amici si mettevano sull’incrocio, io prendevo la ricorsa, infilavo tutte le marce nel rettilineo in salita e… passavo volando. Ovviamente con una passeggera a bordo, decerebrata quanto me.
Ho amato tantissimo quella moto, ma a 19 anni volevo una moto più grande. E il povero Juma ha pagato la mia ansia di crescita, cedendo il passo a una prima Ducati. E poi le altre moto. L’Aspes è caduto nel dimenticatoio, ed è finito perduto.
Il prologo
Siamo in distanziamento sociale da un mese. Capito nel box, vedo l’Aprilia Tuono impolverata. Stacco la spina del mantenitore di carica, giro la chiave per accendere il quadro. Guardo gli strumenti arancioni in silenzio. Spingo il pulsante d’avviamento e lei parte subito. Curioso, di solito serve la mano giusta, altrimenti fa uno sbuffo di rifiuto e non parte più.
Me ne sto seduto su di lei che vibra. Quanto mi piace il suo rumore quando la accendo. Dal silenzio della campagna, dove vivo, allo strillo maleducato e metallico dello scarico Leovince in titanio. La faccio scaldare, con calma, senza forzare sul contagiri a folle. Sono dolce sul gas, oggi coccole. Lascio salire la temperatura fino a quando parte la ventola. Non ci vuole tanto, la ragazza scalda. Attendo che si stacchi, quindi la spengo. E me ne sto un attimo ancora seduto su di lei, a sentire i rumori delle dilatazioni termiche del motore appena spento.
Mi guardo intorno… lo sguardo si posa sulla vecchia Ducati Supertwin, che dorme ormai da anni. Dietro ci sono scaffali con collezioni di riviste sulle quali ho scritto. Ci sono le scatole di souvenir, le foto, i pass permanenti dei primi anni del Mondiale Superbike. Su, in alto, una scatola che non riconosco. Cosa ci sarà mai lì dentro? Ed ecco la sorpresa inattesa: ritrovo la strumentazione e altri pezzi del mio Aspes 125 Juma. E con essi la voglia di scrivere questo articolo. Perché oggi la Yuma la vorrei di nuovo. E guardare quegli strumenti mi ha fatto tornare alla mente tanti ricordi che mi hanno riempito un pomeriggio.


La moto delle foto di questo articolo è in vendita presso la concessionaria Lucianomoto di Casalgrasso (CN). Li ho contattati, perché incredibilmente non ho foto della mia moto, e non se ne trovano in rete libere da diritti. Li ringrazio dunque per le foto che mi hanno fornito. Quando capiterò in Piemonte li andrò a trovare. Se siete interessati all’acquisto di una piccola grande moto da corsa di un po’ di anni fa (è nuova!), andate direttamente all’annuncio, cliccando QUI!
- Questo topic ha 6 risposte, 4 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 3 anni, 1 mese fa da .
- Devi essere connesso per rispondere a questo topic.