La rivoluzione coraggiosa dell’Harley-Davidson
Quella annunciata nei giorni scorsi dalla Harley-Davidson è una vera e propria rivoluzione, un caso scuola che andrebbe studiato. Messa alle strette dal mercato e dalle politiche protezionistiche, l’Harley ha reagito con un piano destinato a trasformarla sempre più in azienda globale.
(La LiveWire, nella foto d’apertura, è la prima moto elettrica dell’Harley-Davidson, presto in commercio)

More roads to Harley-Davidson. Più strade per l’Harley-Davidson.
Si chiama così il piano triennale che l’H-D ha presentato nei giorni scorsi. Un progetto di sviluppo che mira a occupare nuovi segmenti del mercato motociclistico (le enduro stradali, le streetfighter e le elettriche), ma che punta anche a un ampliamento dei mercati, con nuovi siti produttivi e moto di piccola cilindrata sviluppate appositamente per i paesi asiatici emergenti.
Se fino a oggi abbiamo pensato all’Harley-Davidson come alla grande casa capace di costruire maximoto bicilindriche molto “americane”, prepariamoci a cambiare idea. Perché nel quartier generale di Milwaukee hanno deciso di trasformare il marchio più USA che conosciamo in un brand globale.
Partiamo dai numeri
Nel secondo trimestre del 2018, le vendite H-D negli Stati Uniti sono scese del 6,4%. E poco importa se nello stesso periodo le vendite all’estero sono cresciute dello 0,7%. Quest’anno le azioni Harley -che pure hanno sempre garantito un dividendo a chi le possiede- sono calate del 13%.
A questi risultati negativi si aggiunge la guerra commerciale dichiarata dal Presidente Trump all’Europa. Per l’azienda di Milwaukee le contromisure europee significheranno tasse europee di frontiera che dal 6% salgono al 31%. E se i listini da noi non sono cresciuti è perché la casa madre si è fatta carico di questi costi.
Di più, anche i dazi statunitensi nei confronti di acciaio e alluminio -rispettivamente 25 e 10%- avevano colpito già l’Harley, che acquista da aziende non statunitensi queste materie prime. Sapete cosa significa questo? 100 milioni di dollari di nuovi costi nel 2019.
Poi c’è il problema dell’India, dove Harley già produce una moto da 500 cc specificamente per i mercati asiatici. Il Continente indiano è un mercato in fortissima crescita (per il segmento 250-500 da qui al 2021 è previsto un aumento dei volumi del 25%). Però l’India tassa del 100% le moto prodotte al di fuori del suo territorio: ne raddoppia il prezzo d’acquisto!
Il risultato di tutto questo è la decisione dell’Harley-Davidson di investire su nuove linee produttive in altri paesi. E c’è una dichiarazione di Matt Levatich, il presidente della casa americana, riportata dalla CNBC che rende molto l’idea. Facendo seguito ai tweet minacciosi di Trump contro la scelta Harley di spostare parte della produzione in Thailandia, Levatich aveva detto che quella del presidente americano era stata una “sfortunata attenzione”, e dopo aver ribadito che l’azienda da lui guidata non fa politica e vuole restarne fuori, ha detto: “Anche se la preferenza dell’Harley-Davidson sarebbe quella di produrre tutte le sue moto negli Stati Uniti, la Compagnia negli ultimi 20 anni è stata costretta a investire in linee produttive in altri continenti per far fronte alle costose tasse commerciali, che rendevano le sue moto non competitive in altri paesi”. E ancora: “Ci stiamo muovendo in questo modo perché ci sono importanti mercati emergenti per la Compagnia che, senza questi investimenti, non sarebbero per noi accessibili, non ci permetterebbero di raggiungere quella potenziale clientela a un prezzo accettabile”.


Una raffica di novità in arrivo
In Harley hanno studiato bene la clientela emergente. Scoprendo che, anche in America, i millennials magari amano l’Harley, ma non hanno la possibilità economica di acquistarla. E lo stesso discorso vale per i paesi economicamente in crescita, dove ci sono molti motociclisti appassionati, che non possono permettersi una moto prodotta negli Stati Uniti. Paesi nei quali la fascia di cilindrata 250-500 è considerata Premium; perché il parco circolante esistente è fatto di mezzi di piccola cilindrata. Succede in India, ma anche in Cina (altro mercato importantissimo) e in altri paesi asiatici; ed è per questo che Harley-Davidson già produce sia una 500 che una 750 che non importa sul nostro mercato.
Il progetto More Roads to Harley-Davidson prevede dunque l’ingresso in nuovi segmenti di mercato, senza lasciare indietro le maximoto Cruiser, Custom e Super Tourer che sono un patrimonio tradizionale H-D.
Si comincia nel 2020 con il lancio di una endurona stradale, la Pan American 1250, attualmente in fase di test su strada in Arizona. Alla quale farà seguito una versione da 975. Parallelamente arriverà una Streetfighter, probabilmente 975, ma che entro il 2021 sarà declinata in 9 modelli, dai 500 ai 1250 cc. E poi una nuova Custom 1250, che per qualcuno potrebbe sostituire la Softail, e che verrà declinata in 5 modelli, ancora nelle cilindrate da 500 a 1250.
Fanno 16 nuovi modelli entro il 2022. E la novità è nella progettazione modulare. Uno stesso telaio, con motori simili, raffreddati a liquido, ma di cilindrata diversa.
Tutto qui? No. Per l’India e i mercati asiatici emergenti, si stanno pensando delle nuove moto 250 e 500, da produrre con un partner indiano di cui per ora non si dice nulla. Chi potrebbe essere? Facendo due conti e ragionando per esclusione, visto che BMW già produce le sue 310 con TVS, e sia KTM che Triumph hanno accordi con Bajaj, c’è una casa indiana che produce più moto della Harley, ma che avrebbe bisogno di uno sbocco migliore in America, dove vende meno. È una casa che ha già la sua filiale statunitense proprio a Milwaukee, la città dove ha sede l’headquarter H-D. Si chiama Royal Enfield.
Compreremo le Harley Davidson su Amazon?
Un altro caposaldo del progetto annunciato, è l’espansione del settore online. Secondo H-D, il 99% delle maggiori vendite che arriveranno di qui al 2021 saranno su canali online. Il 70% dei consumatori già oggi compra abitualmente online, e si stima che, entro il 2022, il 57% delle vendite che oggi ancora marciano sui canali tradizionali saranno impattate dal digitale. La previsione esatta è che l’e-commerce, che oggi genera il 4% delle vendite, nel 2022 salirà al 22%.
Per questo Harley-Davidson sta discutendo accordi con le società leader nel settore del commercio online, dalle quali si stima di poter acquisire potenzialmente milioni di nuovi clienti. Poi cambierà anche il concetto di negozio. Si continuerà con i mega saloni, dove possibile, ma a questi si affiancheranno piccoli negozi di città, e anche punti vendita ed espositivi temporanei.
Cosa manca? A parte un generico rafforzamento dei concessionari esistenti, con attività e iniziative volte a fidelizzare il cliente e a offrirgli un’esperienza sempre più completa, manca una novità grossa… e vicina!

L’elettrico è pronto!
Nel 2019 sarà commercializzata la LiveWire, la prima Harley-Davidson elettrica. Verrà prodotta nello stabilimento di York, in Pennsylvania, e la casa è convinta di aver raggiunto lo standard necessario sia dal punto di vista delle prestazioni che dell’autonomia. E sembra si aspettino anche un certo interesse da parte dei motociclisti, dopo gli oltre 12mila test ride fatti.
Alla LiveWire seguiranno, nel giro di un paio d’anni, altri due modelli elettrici, di minore dimensione, potenza e costo. Quindi anche altre declinazioni, di un settore considerato emergente. Al punto che in H-D hanno fissato al 2030 il punto d’incontro dei prezzi fra i modelli tradizionali con motore termico e quelli con motore elettrico. Poco più di 11 anni ancora -secondo loro- per iniziare a pagare un’elettrica come una moto a benzina.
Nel frattempo la casa di Milwaukee potrebbe essere la prima azienda motociclistica tradizionale a commercializzare una moto elettrica.
Quanto costa tutto ciò? E cosa porterà?
L’investimento programmato da qui al 2021 va dai 675 agli 825 milioni di dollari. Soldi che verranno risparmiati da altre parti, riallocando investimenti precedentemente pianificati; ma facendo anche un investimento finanziario. Il progetto comprende però una ristrutturazione dei siti produttivi.
Negli Stati Uniti l’impianto di Kansas City, nel Missouri, verrà chiuso nel 2019. Molte delle sue produzioni verranno spostate in quello di York (Pennsylvania). Resteranno attivi i due siti del Wisconsin, quello di Milwaukee, dove si producono i grossi motori bicilindrici, e quello più piccolo di Tomahawk, dove si lavorano plastiche e fibra.
Resteranno invece pienamente attivi i siti in India e Brasile, ai quali sta per affiancarsi un nuovo impianto produttivo in Thailandia.
In cambio di tutto ciò, la previsione, entro il 2022, è di un miliardo di dollari in più di fatturato rispetto al 2017, e di un utile netto di 200-250 milioni di dollari. Dal punto di vista dei risultati “non economici”, entro il 2027 il piano dell’Harley-Davidson potrebbe creare 2 milioni di nuovi motociclisti solo negli Stati Uniti. E 100 nuovi modelli.
Ecco perché in apertura abbiamo detto che “More Roads to Harley-Davidson” è molto più di un semplice riposizionamento sul mercato di un’azienda motociclistica. È una rivoluzione.
Se volete approfondire, QUI trovate la ricca presentazione utilizzata nei giorni scorsi per illustrare la svolta dell’Harley-Davidson
Il video ufficiale di presentazione utilizzato nei giorni scorsi


