Sapete riconoscere le situazioni di rischio?
Leggendo le statistiche e guardando i filmati su Internet, si scopre che i mezzi a due ruote sono soggetti a una ben precisa tipologia di incidentalità. Gli esperti fiutano le situazioni di rischio in anticipo, e le evitano. Perché guidare in sicurezza si può, anche su due ruote. Il problema è istruire la maggioranza di utenti, quei non specializzati che neanche si pongono questa problematica.
Sul numero di luglio della rivista Il Centauro, l’organo ufficiale dell’Asaps -Associazione Sostenitori e Amici Polizia Stradale-, ho pubblicato questo articolo, che condivido anche qui.
Unica annotazione, i dati sull’incidentalità stradale che uso come presupposto di partenza sono stati nel frattempo superati da quelli relativi al 2016, annunciati a fine luglio da ACI e Istat. Dati ben più positivi, anche se l’Asaps, che con il suo osservatorio segue gli incidenti del fine settimana dei motociclisti, continua a lamentare un numero eccessivo di vittime fra le nostre file.
Comunque ecco il mio articolo. Avrei piacere ne scaturisse uno spunto di riflessione su queste pagine. I commenti li trovate in coda.
Gli ultimi dati sugli incidenti stradali in Italia -purtroppo siamo ancora a quelli relativi al 2015- dipingono un forte aumento percentuale della mortalità fra i motociclisti. Addirittura il 9,8% in più! Si tratta di un valore sin troppo elevato, sul quale è giusto riflettere.
A monte si potrebbero fare una serie di considerazioni sull’eventuale aumento nell’uso del mezzo a due ruote. Ma non disponiamo di dati sui chilometraggi medi per tipologia di veicoli. E comunque, resterebbe un bilancio negativo per moto e scooter, a fronte dell’incidentalità e della mortalità delle auto, nettamente inferiore.
Allora partiamo dal presupposto che -purtroppo- il mezzo a due ruote pone chi lo utilizza di fronte a un rischio di incidenti ben più elevato rispetto ad altre tipologie di veicoli. I motociclisti esperti lo sanno, e accettano questo dato di fatto. Ma non passivamente.
Significa che il motociclista esperto conosce la sgradevolezza dell’incidente, del dolore, del ferimento, della paura. Perché quasi sicuramente è un’esperienza che ha vissuto. Ma significa anche che ha fatto tesoro delle brutte esperienze passate e fa in modo di non viverle più. Chi si è posto qualche domanda sulla sua scelta di essere motociclista, ha accettato che l’incidente può succedere, ma sa anche che adottando determinate precauzioni che negli anni ha messo a punto, ha molte probabilità di tornare a casa integro.
Le statistiche forniscono delle medie, ma non raccontano che ci sono molte persone che vivono sulle due ruote da tanti anni senza incidenti. Mentre ce ne sono altre che collezionano ricoveri al pronto soccorso, pur facendo abitualmente solo il percorso casa-lavoro a velocità codice
Qualche anno fa vi abbiamo proposto un articolo sullo “smanettonismo”; quella pratica di guidare molto forte su strade di montagna, che vede protagonisti alcuni motociclisti. Fu allora che scoprimmo con stupore che i vecchi amici smanettoni, a 30 anni di distanza erano quasi tutti vivi e in ottima salute. Pur continuando la loro deprecabile pratica. La spiegazione che trovammo a questa evidenza dei fatti era la loro estrema specializzazione, acquisita negli anni.
Ecco, il punto di partenza per affrontare il problema incidenti dei motociclisti è proprio questo: chi si fa male di solito sono persone che non rientrano nello zoccolo duro dei superappassionati coinvolti ed esperti. Certo che muoiono anche quelli! Ma chi contribuisce in larga parte alle dolorose statistiche che siamo costretti a leggere sono altri motociclisti. Sono quelli meno esperti.
Chi sono? Sono i motociclisti di ritorno. Sono la nuova generazione dei motociclisti. Sono quelli che tornano al mezzo a due ruote da adulti, per evitare il traffico. E che oggi, magari, ci hanno preso gusto e dallo scooter prendono il coraggio di ricomprare la moto.
Eccolo il passaggio fondamentale della maturità. Trovo il coraggio di uscire dal guscio rassicurante dell’auto e vado in moto. Se guardate i listini delle case produttrici, scoprirete che l’offerta per questo tipo di motociclista abbonda.
Non si vendono più le moto race replica. Il mercato oggi propone moto tuttofare. Belle naked e fantastiche entrofuoristrada, che di fuoristrada hanno poco. In più i motoscooter. Vale a dire vie di mezzo fra la moto e lo scooter. Corpo da scooter e prestazioni da moto.
E così arriviamo a un altro nodo fondamentale: l’aumento delle prestazioni su mezzi non specialistici. Lo scooter non è più 50 o 125. Oggi gli scooteroni vanno fortissimo. Peccato che l’utente medio, a differenza dell’esperto, non abbia ben chiari alcuni concetti.
Aprire il gas e raggiungere in un attimo velocità da ritiro della patente è un attimo con i veicoli attuali. La fisica però insegna che l’energia cinetica è funzione del quadrato della velocità
Il che significa che aumenta in maniera esponenziale quando acceleriamo, non con progressione lineare. Ecco perché facendo prove di frenata si scopre che gli spazi d’arresto si allungano sempre di più, mano a mano che cresce la velocità.
Questo l’esperto lo sa, magari a scuola era un somaro, ma lo ha capito sulla propria pelle. E rallenta dove vede il rischio di dover frenare improvvisamente. Il non esperto invece guida considerando solo la prima cosa che colpisce della moto: l’emozione data dalla forte accelerazione.
Poi ci sono una serie di altri errori gravi, tipici del motociclista poco navigato. Nelle mie lezioni teoriche di guida sicura, mi piace descrivere la strada come un sistema enormemente complesso, dominato da infinite variabili inaspettate. Muoversi a una velocità omogenea con quella degli altri ci consente di vedere il sistema come fermo; di conseguenza abbiamo tutto il tempo per analizzare cosa fanno gli altri guidatori. Al contrario, andare troppo forte in relazione alle nostre capacità ci porta ad avere una visione a tubo della strada, che impedisce di vedere e valutare cosa succede al di fuori della nostra carreggiata.
Con il tempo si impara a “leggere” il sistema strada, e a fiutare in anticipo le situazioni di pericolo.
Un corso di guida sicura dovrebbe velocizzare questo processo di apprendimento, questa spirale virtuosa che si attiva nella testa e che porta il guidatore a cercare di riconoscere le situazioni potenzialmente rischiose che si creano sulla strada
Quelle che ti mettono in allerta istantaneamente, che ti fanno chiudere il gas, frenare e guardare negli specchi per prepararti una via di fuga. Senza passare per le forche caudine degli incidenti ripetuti, nelle quali siamo passati tutti noi vecchi motociclisti, prima di imparare.
Poi ci sono le abilità tecniche.
Quasi tutti provano la prima frenata d’emergenza nella prima vera situazione d’emergenza nella quale si trovano
Invece sarebbe utile scoprire prima di trovarsi nei guai come si comporta il proprio mezzo in una frenata estrema o in un cambio di traiettoria repentino. E come reagiamo noi. Sarebbe utile sapere quanto possiamo realmente decelerare, e che tipo di reazioni dobbiamo aspettarci. Padroneggeremmo meglio l’emergenza.
E non si parla solo di frenate. Ci sono anche le curve dove si trova improvvisamente lo sporco, quele che stringono inaspettatamente, gli ostacoli improvvisi e… la scarsa cura del veicolo. In quanti controllano regolarmente gomme, freni e impianto d’illuminazione? Ancora, l’abbigliamento. Con un abbigliamento specifico una scivolata può risolversi senza particolari problemi. Ma sin troppa gente non sa neanche che ci sono abiti da moto casual specifici sia per l’inverno che per l’estate. E che i caschi vecchi di 15 anni o di misura sbagliata, non possono essere utilizzati.
Ripensandoci, la sensazione è che con i motociclisti che vanno in moto o in scooter senza avere la cultura tipica dei vecchi appassionati, siamo un po’ all’ABC. E allora
il modo per ridurre i loro incidenti non è l’inasprimento delle sanzioni. Servirebbero piuttosto delle campagne culturali specifiche
Corsi di guida sicura, anche solo teorici, offerti gratuitamente a chi compra un mezzo a due ruote. Corsi di sensibilizzazione, e gruppi di discussione. Perché il modo migliore per fare sicurezza stradale è parlarne.
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