Suzuki V-Strom 1000 XT Globe Rider: la regola dell’equilibrio
Due settimane in sella alla Suzuki V-Strom 1000 XT Globe Rider. Molta acqua, parecchi viaggi, un po’ di fuoristrada. Alla fine mi è dispiaciuto riconsegnarla. La sua dote migliore? L’equilibrio generale, la ricca dotazione elettronica e la capacità di “volare” sopra le asperità delle nostre strade. Il tutto con un ottimo rapporto qualità prezzo
La XT Globe Rider è una versione particolarmente ricca della V-Strom 1000. Rispetto alla moto base ha infatti in più i fari antinebbia a LED, le manopole riscaldate, l’estensione del cavalletto laterale, per parcheggiare su fondi cedevoli, le borse laterali, le barre paramotore, il cavalletto centrale, la borsa da serbatoio e un adesivo paraserbatoio.
Tutto ruota intorno al classico motore bicilindrico a V da 90° longitudinale da 101 cavalli a 8000 giri/min. Un propulsore particolarmente ammorbidito, per adattarlo all’utilizzo su una moto di questa categoria. La coppia massima, da ben 101 Nm, è piazzata infatti a soli 4000 giri/min, grazie anche all’utilizzo di una valvola sull’impianto di scarico che ottimizza l’erogazione al variare del regimi di rotazione.
A rendere ancora più fruibile il propulsore c’è poi una ricca serie di dotazioni elettroniche. Si comincia con il “Low RPM Assist”, che impedisce lo spegnimento del motore quando si parte o si marcia a bassissimo regime. Per quanto riguarda il comparto trasmissione, c’è un controllo di trazione regolabile su due livelli; e la frizione funge automaticamente da antisaltellamento se in scalata la si lascia troppo bruscamente.
Le sospensioni sono ampiamente regolabili, con la possibilità di agire sul precarico dell’ammortizzatore posteriore dalla comoda manopola laterale, in modo da poter dare più sostegno alla parte posteriore della moto, nel caso in cui si viaggi in due.
La V-Strom è imponente e abbastanza alta, senza arrivare ai livelli esagerati di certe versioni della concorrenza. In compenso è relativamente leggera, con il suo peso di 233 kg in ordine di marcia, e dopo pochi chilometri si prende subito confidenza.
La prima cosa che colpisce è la comodità di marcia, l’ergonomia e lo studio della protezione aerodinamica. Il piccolo plexiglass è regolabile a scatto, ma in qualunque posizione lo mettiate centra l’obiettivo di ripararvi gli occhi dal vento, consentendovi di viaggiare con la visiera aperta, pur senza avere il parabrezza davanti allo sguardo. A qualunque velocità marciate, non ci sono mai vortici d’aria a infastidire, sia da soli che in coppia.
Il motore è silenziosissimo, lo definirei garbato. Spinge il giusto in modalità fluida. Manca solo un po’ di schiena ai bassi regimi forse. Ma è nella cifra della tipologia di moto, che non richiede un motore prepotente.
Quello che invece è addirittura eccezionale è la dolcezza della trasmissione
Sia quando si mettono marce superiori che quando si scala, il moto rimane fluido, senza strappi o contraccolpi. Basta poco per guidare dando al passeggero la sensazione di essere su un veicolo con cambio automatico. Invece no, la V-Strom ha un tradizionale cambio a 6 marce; ma riesce a trasmettere questa rilassatezza che risulterà particolarmente gradita a chi usa la moto per turismo.
Le sospensioni sono forse meno soffici di quanto mi aspettassi. La forcella affonda nelle frenate brusche, come è normale su una unità a lunga escursione, ma in generale la moto ha un assetto un pelo rigido per la sua vocazione entrofuoristradistica. Insomma, è più mirata all’asfalto che al fuoristrada. E lo dicono anche le gomme di primo equipaggiamento, le Bridgestone Battle Wing Radial, che hanno degli intagli ampi, ma abbastanza radi. Sono dunque gomme che all’occorrenza possono fare del fuoristrada, ma che sono pensate per dare il meglio su strada, adattandosi a fondi puliti come sporchi o bagnati.
Nei circa 1300 km percorsi con la V-Strom, ho apprezzato molto il comportamento dinamico su strada. Si può andare a passeggio, ma all’occorrenza anche forte. Non si fanno le staccate furiose possibili con le moto sportive; perché per questo, appunto, ci sono le moto sportive. Se invece si scorre, si scopre una moto velocissima, anche su fondi rovinati. Sempre coerente e stabile, sempre incline a perdonare.
Il controllo di trazione è molto a punto. Sul livello 2 interviene leggermente prima di quanto farei io: percepisce qualunque minima perdita di aderenza e regola in maniera morbida la coppia del motore, consentendo alla ruota posteriore di riprendere il pieno contatto con l’asfalto. Sul livello 1 interviene invece leggermente dopo il momento nel quale interverrei io pelando il gas. Sapendolo si impara a fidarsi e si finisce per andare di più.
Funzione bene anche l’ABS Cornering. Mi sono fatto un po’ forza, entrando in frenata decisa su fondi non perfetti e… la moto ha finito per fare tutto da sola. Tra l’altro, nelle frenate più decise, il sistema anche se si comanda solo la leva del freno anteriore, coinvolge pure il freno posteriore, proprio per dare maggiore equilibrio alla moto. Unico neo, le pedane in curva toccano un po’ prima del previsto. Ma siamo ad angoli di piega elevati.
Lo svantaggio, per i nostalgici come il sottoscritto, è sentirsi un po’ inutili. Ma no, tutt’altro: è solo un modo diverso di guidare.
Il medesimo comportamento sicuro lo si registra in autostrada, quando anche alle velocità più alte, la Suzukona è sempre stabile. Anche sulla prova del nove, i viadotti in curva con giunzioni trasversali rialzate dell’Autostrada A24.
E le gomme? Su sterrato hanno fatto il loro mestiere, garantendo una buona trazione del posteriore anche su ghiaia soffice e fango. L’anteriore però non consente di curvare decisi. Su asfalto invece sono andate benissimo. In curva ho finito per “chiudere” facilmente anche l’anteriore; aiutato da un profilo non pensato per pieghe da 50 gradi. Sono rimaste sempre affidabili, senza dare segni di cedimento. E a fine smanettata erano bellissime, con le grinze sulla mescola a indicare che avevano lavorato alla temperatura giusta. Hanno funzionato bene regalandomi fiducia anche sul bagnato e dove c’era la breccia. Tanto bene che quando, a prova finita, ho ripreso la mia Tuono priva di controlli elettronici e dotata di gomme più sportive, ho dovuto riprendere le misure con le perdite d’aderenza.
Infine i consumi. Giocando con il gas si scende a poco più che 17, ma senza fare troppa attenzione sul totale dei miei 1300 km mi sono mantenuto su una più che decorosa media di 19,5 km/l.
Per maggiori info sulla moto, andate sulla pagina a lei dedicata nel sito della Suzuki.
Ho usato la V-Strom per fare un itinerario montano nell’Italia Centrale. Cliccate sul titolo per aprirlo.
Fra Lazio e Abruzzo, su e già sui Monti Simbruini
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